FIGURINE ROSSONERE: Ernő Erbstein, nel ricordo delle leggi razziali italiane di 80 anni fa

05.09.2018 10:00 di Redazione Tn   vedi letture
FIGURINE ROSSONERE: Ernő Erbstein, nel ricordo delle leggi razziali italiane di 80 anni fa

Oggi è il 5 settembre, il giorno orribile delle leggi razziali in Italia. A 80 anni di distanza, le ricordiamo con una storia in tinta rossonera. Di origini ebraiche, Ernő Erbstein (questo il suo vero nome in ungherese) nasce nel 1898 a Nagyvárad. Si trasferisce a Budapest come studente di educazione fisica ed entra nell'associazione locale di atletica. Il Budapesti Atle'tikai Klub conta però anche una squadra di calcio, il Bak che lo ingaggia nel ruolo di mediano. Dopo il diploma inizia a lavorare come agente di borsa e anche se il calcio passa in secondo piano, milita sempre nelle file del Bak. Nel 1924 però l'Olympia, oggi Fiumana, lo nota e lo porta in Italia. L'anno successivo è un giocatore del Vicenza, nell'allora seconda divisione, l'attuale Serie B, dove gioca 28 partite.Il suo lavoro di agente di borsa lo porta a varcare l'oceano, trovando però anche un ingaggio nell'American Soccer League giocando con il Brooklin Wanderes dove milita anche il connazionale Béla Guttmann. Gioca un paio d'anni poi la crisi nell'attività borsistica lo porta ad abbandonare gli Stati Uniti e a rientrare in Ungheria. ​​​​​Riversa tutte le sue energie nello studio del calcio come fenomeno, nelle tattiche di gioco e nella preparazione fisica degli atleti. Cerca di rimanere informato su ogni novità e mutamento che avviene in Inghilterra, patria del football, a cui tutti, in quel periodo, guardavano e si ispiravano. In Italia, intanto, qualcuno si ricorda di lui, specialmente come istruttore, una fama che lo accompagnava anche durante gli anni giocati. Nel 1928 quindi la dirigenza del Bari lo chiama ad allenare la squadra. L'anno dopo passa alla Nocerina, costruendo uno squadrone, in grado di farsi onore a livello nazionale. Ppoi al Cagliari (dove vince il campionato di Serie C), di nuovo al Bari, e con la Lucchese. Proprio a Lucca, Erbstein si impone all'attenzione generale, portando i toscani nel giro di tre anni, con due promozioni dalla serie C alla Serie A, e conquistando, nel 1936/37, un ottimo settimo posto a pari merito con l'Ambrosiana-Inter.A Lucca Erbstein era osannato e sicuramente sarebbe rimasto volentieri, ma le prime Leggi razziali fasciste emesse a partire dal 1938 lo colpiscono direttamente. I suoi motivi di apprensione, specialmente per la sua famiglia, sono da prendere in seria considerazione. Si ritrova a non poter più far frequentare una scuola pubblica alle sue figlie. Decide così di accettare l'offerta della dirigenza piemontese dei granata a guidare il Torino: il trasferimento sarebbe servito, in parte, a giustificare alle sue figliole l'iscrizione in una nuova scuola privata. Da Lucca porta con sé il portiere, Aldo Olivieri, appena diventato Campione del Mondo. In quella stagione i granata arrivano secondi alle spalle del Bologna. Ma Erbstein è sempre più preoccupato per la situazione politica italiana, le leggi razziali si inaspriscono e prima di essere travolto dagli eventi decide di portare la famiglia in salvo, con la piena disponibilità di Ferruccio Novo. Con l'aiuto della dirigenza granata e dopo un travagliato viaggio durato più di un mese riesce a rientrare a Budapest con tutta la famiglia. Si tiene in contatto con Novo grazie anche al suo nuovo lavoro di rappresentante per una ditta italiana, riuscendo anche ad incontrarsi segretamente, per tessere le strategie future per la costruzione di una grande squadra. È certo che Novo lo abbia consultato per gli acquisti di Ezio Loik e Valentino Mazzola. Tutto questo fino al 1944, quando anche l'Ungheria viene occupata e la crudeltà dei nazisti magiari colpisce Erbstein che viene rinchiuso in un campo di lavoro. Riesce però a fuggire e a darsi alla vita clandestina. Ripara presso Raoul Wallenberg al consolato svedese, dove molti ebrei avevano trovato rifugio e dove rimane fino all'arrivo dei sovietici. Giungerà sulle rive del Po solo a guerra finita. Dopo la guerra, fu rintracciato dal presidente Novo e fece il suo ritorno nella squadra granata in qualità di consulente prima e di direttore tecnico poi. Il Torino, non appena ricominciò l'attività agonistica, continuò a vincere scudetti su scudetti. La sua supremazia non si limitava al campo, ma anche a tutto il resto: il vivaio, l'organizzazione di consulenti e osservatori, il tutto sotto la supervisione di Erbstein. Nella stagione 1948-1949 affiancò in panchina l'allenatore Lievesley, e con la solita facilità Mazzola e compagni conquistarono lo scudetto, il quinto consecutivo: era nata la leggenda del Grande Torino. Il 4 maggio del 1949, la squadra e lo staff tecnico, che rientravano in Italia dopo aver disputato un'amichevole a Lisbona, si schiantarono contro la scarpata della Basilica di Superga.