CALCIOSCOMMESSE: il giallo Bergamini

Argomento di attualità stretta: malavita calabrese e scommesse. Ecco allora che torna alla mente la morte di Denis Bergamini, mistero mai risolto.
21.05.2015 14:40 di  Marco Mattiello   vedi letture
CALCIOSCOMMESSE: il giallo Bergamini

L’orologio di Bergamini non si è mai fermato. Se la morte dell’allora centrocampista del Cosenza non fosse una tragedia, ci sarebbe materiale in abbondanza per uno spot pubblicitario: un orologio che continua a funzionare dopo che il ragazzo che l’aveva al polso si è gettato sotto un camion in corsa, che dopo averlo schiacciato sotto le ruote e trascinato è ripassato sopra il suo corpo con una goffa retromarcia. La conferma arrivò due anni fa, quando la procura di Castrovillari riaprì il fascicolo sulla morte di Denis con l’ipotesi di omicidio. Denis Bergamini non può essersi suicidato perché era già morto quando finì sotto le ruote di quel camion. Fu ucciso prima e altrove. Ma da chi? E perché?

Siamo nell’autunno del 1989. Denis, ferrarese di nascita, ha ventisette anni ed è un punto fermo del Cosenza. Nel campionato precedente, la squadra, appena promossa dalla serie C1, centra un inatteso sesto posto in B. L’entusiasmo della piazza è alle stelle, perchè a Cosenza stanno allestendo una squadra di vertice. Gli abbonamenti volano e le puntate al totonero anche. A inizio stagione praticamente l’intera tifoseria rossoblu ha scommesso qualche biglietto da diecimila sulla salita in A.

Il problema è che in Calabria totonero vuol dire soprattutto ’ndrangheta. I galoppini della cosche controllano la piazza. Si parla di una raccolta di quasi un miliardo di lire, ma se l’estate successiva la squadra salirà davvero in A, saranno costretti a restituirne in vincite quasi il triplo.

L’inizio di stagione è positivo. Poi succede qualcosa. In città cominciano a girare voci: partite vendute, personaggi poco raccomandabili che si fanno vedere al campo di allenamento e all’albergo che ospita la squadra, giocatori e membri dello staff che per colpa di qualche vizietto sarebbero finiti nelle mani dei clan, addirittura l’ipotesi di un traffico di droga coperto grazie alle trasferte. Denis è estraneo a qualsiasi giro sporco, ma è sveglio: non può non accorgersi di quello che sta succedendo. E infatti riferisce più volte i sospetti al padre e al massaggiatore .

L’ultima partita prima della sua morte, Denis Bergamini la gioca il 12 novembre 1989. Il Cosenza è impegnato a Monza. Sulla carta non c’è gara, invece finisce con uno scialbo pareggio per 1-1: in campo e sulle tribune sono in molti a sentire le urla del centrocampista all’indirizzo dei suoi compagni, colpevoli a suo dire di non impegnarsi troppo. L’indomani, mentre trascorre il suo giorno libero nell’abitazione di famiglia in Emilia, riceve una telefonata: una volta messa giù la cornetta, il padre lo vede preoccupato.

Pochi giorni dopo, la sera del 18 novembre 1989, il calciatore che aveva fatto innamorare una città verrà trovato «suicidato», davanti alle ruote di un camion carico di mandarini che viaggiava sulla statale 106 per Taranto, all’altezza di Roseto Capo Spulico. Unici testimoni del fatto Raffaele Pisano, l’autista del mezzo, e Isabella Internò, fidanzata di Denis. Denis e Isabella erano arrivati nel luogo dell’incidente in macchina, una Maserati bianca che Denis forse avrebbe fatto meglio a non comprare. Verrà fuori più tardi che il calciatore l’aveva acquistata poco tempo prima da un malavitoso, ignorando che l’auto nascondesse due doppi fondi nel baule posteriore e al di sotto del serbatoio, come quelli che si usano per trasportare la droga. Altre ombre, altri possibili moventi. Perché l’unico affiorato dopo la morte di Denis, un colpo di testa dovuto forse a motivi passionali, pare proprio non reggere.

L’autista disse di aver sentito lo schianto e i lamenti, ma di non aver visto immediatamente il corpo: così, pensando che Denis potesse essere ancora vivo dopo averlo trascinato per circa sessanta metri, avrebbe fatto retromarcia schiacciandolo una seconda volta. Eppure il numero 8 cosentino presentava un solo segno di schiacciamento, sulla parte destra dell’inguine. Ma questo i Ris lo scopriranno soltanto dopo aver riesumato il cadavere, perché all’epoca i giudici non ritennero necessario effettuare un’autopsia. Mentre gli abiti che Bergamini indossava al momento dell’impatto, invece di essere riconsegnati alla famiglia, finirono subito nell’inceneritore del più vicino ospedale.

I misteri sulla morte del giovane Denis, ai quali la nuova inchiesta penale sta tentando di dare una risposta, non si esauriscono qui. Perché dopo l’incidente Isabella, una volta raggiunto un bar lungo la strada, prima di chiamare i soccorsi telefona all’allenatore del Cosenza Gigi Simoni e al compagno di squadra di Denis Francesco Marino? Perché non furono effettuati rilievi né sul camion, subito riconsegnato al conducente, né sulla sede stradale? Perché la Maserati di Denis fu accuratamente lavata il giorno dopo? E da chi?

Non finisce qui. Nel dicembre 1989, Domenico Corrente, uno dei magazzinieri del Cosenza, spedì ai genitori di Denis Bergamini le scarpe di pelle che il calciatore indossava al momento dell’incidente: come nuove. Cosa c’è dietro quella riconsegna? Corrente e Alfredo Rende, un altro factotum della società calabrese, promettono alla famiglia di raccontare loro tutta la verità a fine stagione. Non ci riusciranno: il 3 giugno 1990 moriranno pure loro inun misterioso incidente, ancora sulla statale.