QUADRETTI DI PAESE: il Vulture chiama....

A cura di Salvatore Di Maio
01.10.2016 21:30 di Redazione TN   vedi letture
QUADRETTI DI PAESE: il Vulture chiama....

Questa partenza richiede adeguato silenzio, la voce di questo paese e’ una sorgiva di terra, richiede reminiscenza. Un ascolto  profondo  rivolto al nostro liceo ed una sequenza: ”I fuochi del Basento” di Nigro, le “Odi” di Orazio, ”Appia” di Paolo Rumiz. Infine con attenzione una  voce profonda accompagna questa partenza: ”a la muntagna” bellissimo canto al brigante di Eugenio Bennato. In fondo anche noi dopo scippi e rapine subite e vissute ci siamo rialzati e un poco briganti ci  sentiamo nel cuore. In fondo questa trasferta pensiamo sia il meglio: dopo due gare vincenti la pura acqua di fonte e il vino, nero di roccia e di pietra ci aspettano, il Vulture chiama.

O fons Bandusiae splendidior vitro dulci digne mero non sine floribus……….me dicente cavis impositam illicem saxis, unde loquaces limphae desiliunt tuae” recitava Orazio da Venosa a proposito delle chiare e cristalline acque del Vulture, ruscellanti dalle fonti cavernose delle rocce. Il nostro viaggio verso il Vulture prelude ad un frizzante risveglio dei sensi, dopo due vittorie frizzante sentiamo la vetta, le dolci acque cristallo, gaudie nel nome e nel senso, il vino nero di fiori e di forza, rosso di ardore e sapore. Il nostro viaggio  porta felice verso declivi montani pregni di luoghi incantati, dove il gran Federico secondo amava cacciare insieme alla vasto serraglio di corte.

Il luogo veniva chiamato nero solo perche’ sorgeva intorno ad un rio rigoglioso e spumante, colorato di nero per le rocce e le pietre. Ora di nero c’e’ il gran vino “digne mero non sine floribus". Arcane e suggestive le grotte  che riparo funsero al “Donatello” brigante, Carmine Crocco bracciante, gran ribelle e gran soldato. Prima appoggia Garibaldi, credeva nella terra ai contadini, poi deluso nelle promesse passa contro il savoiardo piemontese, mette su una vera armata, ben duemila cristi in croce, stanchi di ogni vessazione, armati di bastone e di cannone, senza tema di smentita la piu’ forte del meridione .

Dopo Crocco gran brigante da Rionero mette in spalla il suo schioppo: Michele di Ge’, anche lui bracciante con in testa la riforma della terra e la lotta al piemontese, di per se’. Il destino delle lotte forse e’ scritto negli anfratti e nelle grotte dei briganti, nella terra ai contadini, nella lotta al latifondo, e sopruso piu’ profondo, il padronato altrove nato: qui e’ nato, appunto, Giustino Fortunato.

Fortunato diede forma e dignita’ alle lotte contadine, denuncio’ al paese e al piemontese un paese unito solo a chiacchiere, egli visse e scrisse del forte vento di questa terra e, prima d’altri, intese il male, che chiamo’ questione meridionale. Ora certi nel procedere, dopo le chiare acque e il bosco folto, andiamo al paese alto dove troveremo il palazzo Fortunato Zanardelli, ministro celebrato anche nella nostra piazza, qui fu ospitato, e qui anche Garibaldi dimoro’. Ultimo venuto il presidente Napolitano a celebrare il Giustino Fortunato. In questo luogo il paese vive infine l’onore al merito di una medaglia al valor civile ,in quanto il popolo contadino, memore nell’animo suo di lotte furibonde, prese a botte e a schioppettate i nazisti invasori e perse ben diciotto resistenti. Di poi all’obbligata tappa, se tempo resta, tra la chiesa deei morti, la santissima annunziata e la chiesa dell’evangelista potremmo far bene alla  vista: stucchi, tele seicentesche in ogni vano, compreso un gran pittore napoletano, Luca Giordano. Vista la pietra e la roccia possiamo carpire il segreto di un vino che, vivo, sboccia nero forte sincero, come la pietra e la roccia. Chiediamo Il piatto del brigante, il pane ad aquasalata con peperoni secchi uova, capiremo che il vino e’ sincero come il vero stupore per gente che e’ stata appellata brigante solo da chi ha scritto la storia vincente del lontano piemonte. Invero ora sappiamo che al nostro odierno avversario dobbiamo gloria ed onore e per questo affronteremo la sfida di petto  sapendo che il brigante:

quann’o pigliano ncoppa a muntagna

more senza paura, senza rimpiant

e quanno e’ pigliano dint’e pais

diceno: quann’e bello murire accis.

Eugenio Bennato docet.