PILLOLE ROSSONERE: il grande disegno dei tifosi rossoneri...

A cura di Salvatore Di Maio
24.09.2016 16:00 di Redazione TN   vedi letture
PILLOLE ROSSONERE: il grande disegno dei tifosi rossoneri...

Sotto la pioggia senza riparo, non scivola l’acqua, ma infligge puntuta le facce e le ossa. Sotto la pioggia senza riparo, domenica e’ una messa cantata sia fuori che a casa. Dalle parti  del campo puoi capire la nostra messa cantata, quando piove senza riparo sale forte l’antico profumo di terra. Quell’antico profumo di platani ed erba  il genio del luogo solleva: appena dietro lo spalto di oggi, nascosto dal suolo di chiesa, si erge il nostro passato. Non senza motivo siamo sotto la pioggia senza riparo: duemila gli anni che qui sia pioggia che sole la domenica e’ messa cantata.

Era il piu’ grande della federazione campana, l’anfiteatro romano, opera del  genio latino, il grande Augusto, a premio della fedele alleanza, invio’ maestri da Roma a Nuceria. Ingegno e congegni pensarono i nostri antenati: dal fiume pedemontano si aprivano chiuse e l’acqua scorreva fino al teatro. Oggi la strada si chiama “Firenze” e prosegue con nome di Anfiteatro romano, ma meglio i coloni chiamavano: fiuminale!

Spettacoli di battaglie terrestri e navali tra squadre rivali riempivano gli antichi gradoni, sotto la pioggia battente, senza timore alzavano forte le loro canzoni gli antichi tifosi. Erano osci e, certo, onore al nome portarono: osceni erano detti i loro striscioni e le loro canzoni  poiche’ sfottevano e prendevano in giro ,con motti e motteggi spiazzavano tutti, e il teatro di Plauto non poco agli osceni motteggi dovette tributo. Sotto la pioggia battente senza timore sentiamo in noi il tifoso di allora, duemila anni di storia di tifo impregnano l’aria del campo. Poi giunsero barboni con lance lunghissime, ma qui quasi nulla fondarono, e andarono dritti a Salerno ergendo il castello. Il campo divenne di armi, i Borboni posero caserma di fanti  e cavalleria di fronte, a pochi metri si esercitavano e facevano giostre e simil battaglie, la piazza del campo divenne la piazza di marte, comunque spettacolo di gioco e di  guerra.

Ci piace credere che il gioco del calcio e del tifo  da noi banali non sono, iniziano non su un  campo qualunque, ma sul campo di marte e col gladiatore romano. Nell’era moderna il campo divenne teatro di cavalli e di giostre, tornei e disfide, con tifo annesso e connesso. Il nobile genio granata, allenatore del grande Torino, era soldato  di stanza a Nocera: Emo Egri Erbstein, ungherese, al campo di marte, sentiva certo il richiamo del genio del campo e guidava sagace le nostre disfide e i nostri tifosi. E’ lo spirito geniale del posto ad ispirare il canto tifoso al campo sportivo, gli antichi sfotto’, osceni e irridenti coprono ora i nostri avversari. Ricordo ad esempio quando della sfida piu’ tosta, giunsero al campo  salernitani tifosi, epigoni di lunghe barbe famose. Un silenzio totale: entrano in campo le squadre per la battaglia, tifo forte dei granata, silenzio nocerino. Ma ecco che maestoso, colorato e grandioso si alza da dietro gli spalti di curva, portato nell’ alto da cento e cento palloncini rosso e neri, un grande disegno: aveva la forma del pesce di mare! E con esso si alza l'osceno sfotto’.