FONTANA: "Tre anni e mezzo di squalifica per aver difeso i miei ragazzi"

14.11.2015 10:00 di  LUCA Esposito  Twitter:    vedi letture
FONTANA: "Tre anni e mezzo di squalifica per aver difeso i miei ragazzi"
TMW/TuttoNocerina.com
© foto di Dario Fico/Tuttonocerina.com

Un calvario non ancora finito. Sono passati due anni e due giorni dalla triste Salernitana – Nocerina, la farsa costata cara soprattutto a Gaetano Fontana, squalificato per tre anni e sei mesi ed ancora in cerca di risposte. “L’altro ieri (mercoldi ndr) è stato un giorno particolare”, dice l’ex tecnico rossonero attualmente opinionista in tv ai colleghi del quotidiano La Città. Ma dev’essere stata complicata l’intera convivenza con una situazione che non è ancora riuscito a risolvere a suo favore.

Fontana, ci spiega cosa successe due anni fa?

"Un evento mal gestito, dove a pagare è stata la parte buona della tifoseria della Nocerina e persone che non c’entravano nulla. Avevo già detto che quella gara sarebbe stata falsata, non c’erano le condizioni dal punto di vista mentale per scendere in campo. Nessuno ha tenuto conto del disagio emotivo dei giocatori, sono stato accusato di aver organizzato tutto quando poi ero squalificato e non ero nemmeno in panchina per poter aiutare la mia squadra in una situazione tragica".

Cosa ricorda di quel giorno?

"Le espressioni dei miei ragazzi: nel loro volto c’era smarrimento e paura e sinceramente nel ruolo d’allenatore e d’istruttore mi sono messo al loro fianco cercando di proteggerli perché era una partita che non si poteva giocare visto ciò che c’era stato in passato. Per queste ragioni ho subito una squalifica di 3 anni e 6 mesi. E pensare che per il calcio scommesse c’è ancora gente a piede libero".

Ora come vive questa situazione?

"Provo tantissima amarezza. Il mio capo d’imputazione è illecito sportivo. È una macchia che rimane ma tutto il mondo sa che non c’è stata nessuna combine, nessuna transazione economica. Eppure continuo ad essere annoverato tra persone che hanno commesso questo tipo di reato sportivo. La mia vita è stata da sempre segnata da onestà e serietà: ho sempre detto che se mai un giorno dovessi cedere a questo genere di situazioni, non appena rinsavito depositerei il mio cartellino e lascerei tutto perché non me la sentirei di continuare".

Cosa le è rimasto dentro di questa triste vicenda?

"Provo tantissimo dispiacere perché pago per qualcosa che non ho commesso. Sono arrabbiato, sono stato defraudato di una passione e di un mestiere che vivo ogni giorno ma non posso esercitare. Questo mi comporta problemi dal punto di vista professionale ma anche economico. Avevo appena iniziato la carriera da allenatore tra i professionisti che si è interrotta bruscamente. Per fortuna non è una carriera da considerarsi come quella dei calciatori, è più lunga e spero di avere altre occasioni per dimostrare il mio valore".

Se potesse tornare indietro cosa farebbe?

"Difficilmente ragiono con i “se” e con i “ma”. In una situazione del genere mi comporterei da allenatore e basta. Ognuno ha dei ruoli specifici e deve agire per il ruolo che ha. Voler dare un contributo diverso o un aiuto in quella situazione che era sfuggita dalle mani di tutti è risultato più deleterio che produttivo".

Ha ancora fiducia nel calcio?

"Ho fiducia in me stesso ed in chi vuole seguire l’indirizzo educativo che propongo. Ho avuto la fortuna di allenare ragazzi che hanno sposato la mia filosofia ed anche il mio gruppo di lavoro mi ha seguito. Guai a chi tocca lo staff o a chi cerca d’insinuare sulla loro lealtà e professionalità. Siamo stati abbandonati da tutti in una situazione tragica ma tutti mi hanno dato molto più di quello che avevano, dimostrando enorme solidarietà. Questa è la mia più grande gratificazione".

Cosa sta facendo adesso?

"Un po’ di tutto, sono affascinato dagli aspetti mentali ed emotivi. Continuo a vedere il calcio e le partite, questa è la mia vita e quando avrò la possibilità di ritornare ad allenare voglio avere il maggior numero di strumenti a disposizione per farmi trovare pronto".

A chi si ispira?

"A nessuno in particolare. Quel che mi preme di più è dare maggiori soluzioni ai miei atleti, non solo dal punto di vista tattico ma anche sotto il profilo umano. L’atleta, prima di essere considerato come calciatore, è un uomo ed è spesso mosso da emozioni. Poi ovviamente si dovrà parlare anche di calcio".